Grazia Varisco e Oliviero Toscani: due (super) mostre antologiche a Palazzo Reale - La Stampa

2022-06-25 03:06:42 By : Mr. Benjamin Ma

La voce de La Stampa

La carriera di due grandi protagonisti dell’arte e della fotografia in contemporanea in due esposizioni al museo di piazza Duomo

Un celeberrimo scatto di Oliviero Toscani per una campagna pubblicitaria Benetton

Alla fine, a voler trovare un punto di contatto, è per entrambi una questione di sguardi. Sguardi instancabili e sorprendenti sul mondo; sguardi restituiti al pubblico con visioni che ingannano (nel primo caso) o provocano (nel secondo); sguardi «milanesi» di nascita (classe 1937 lei, 1942 lui) e che da qui, con una certa «milanesità» addosso, hanno mosso i passi verso la conquista di una salda fama internazionale. Grazia Varisco e Oliviero Toscani sono le figure al centro delle mostre antologiche che connotano la stagione estiva di Palazzo Reale, fornendo l’occasione per ricostruire e celebrare la carriera di due grandi protagonisti dell’arte e della fotografia.

Visitabile da ieri fino al 16 settembre, “Grazia Varisco – Percorsi contemporanei 1957-2022” raccoglie più di 150 opere in un’esplorazione cronologica che dai primissimi passi compiuti negli anni della Pinacoteca di Brera – a lezione da Achille Funi e Guido Ballo – arriva ai “passatempi” realizzati durante la pandemia e il lockdown, «collage senza colla, con pinzatrice + 1.000 punti + tanto tempo, sospeso, fra luce e ombre», annota l’autrice. In mezzo, una ricerca formale continua e una riflessione senza posa intorno ai temi a lei cari: lo spazio, il tempo, le ambiguità con cui percepiamo la realtà che ci circonda.

«Tutto il suo lavoro nasce da un orizzonte quotidiano, dai segnali e dagli stimoli che ci arrivano e che in lei contribuiscono alla definizione di una nuova dimensione del mondo», ha spiegato il curatore Marco Meneguzzo. Una chiave interpretativa che trova d’accordo l’artista, divertita ed emozionata alla presentazione della mostra: «C’è sempre stato qualcosa di umile e di domestico in quello che ho fatto. Per esempio: non sono una grande cuoca, ma il risotto lo so fare, e anche lì, nel modo in cui lo rigiro nella pentola mentre si addensa, posso trovare un’ispirazione».

Un allestimento della mostra "Grazia Varisco – Percorsi contemporanei 1957-2022" (foto: Thomas Libis)

Né pittrice e nemmeno scultrice, Varisco è una sperimentatrice che, sospinta dal caso, sembra giocare con le forme, le geometrie e i materiali. Una dimensione ludica e anche umile, del fare ricerca, rivendicata esplicitamente: «È stato il mio punto di partenza, volevo desolennizzare l’arte e coinvolgere attivamente il pubblico nella definizione delle opere», chiarisce. E così è avvenuto: con il ciclo delle tavole magnetiche che i visitatori configurano a loro piacimento («Si prega di toccare…»), con quello degli schemi luminosi variabili, con la serie dei reticoli di vetri industriali in cui tracce di colore paiono inseguire l’osservatore e guizzare «come i pesci rossi nel vaso di vetro del quadro di Matisse». È il periodo dell’arte cinetica, quello più famoso nella parabola di Grazia Varisco, che proseguirà con altre esperienze degne di nota e che la mostra ha il merito di illuminare, come le “extrapagine” (1974/1986), i “silenzi" (2005), i “quadri comunicanti” (2008).

Di tutt’altro genere è l’atmosfera che si respira in “Oliviero Toscani – Professione fotografo”, curata da Nicolas Ballario e aperta al pubblico da domani 24 giugno fino al 25 settembre. Le quasi 900 immagini affisse nelle sale al pian terreno di Palazzo Reale sono state stampate su pannelli a tutta parete come tessere di un gigantesco murale: «Ho deciso di portare la strada in questo luogo istituzionale», ha spiegato lui, «il Mick Jagger della fotografia» nella definizione data dall’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi alludendo alla coetanea star dei Rolling Stones.

La star della macchina fotografica ha compiuto 80 anni a febbraio – Jagger, reduce da San Siro, ne ha uno di meno – e questa mostra è il grande omaggio che, per l’occasione, la sua città ha voluto tributargli. Non c’è logica tematica o scansione cronologica, nel percorso: le immagini coprono l’intera carriera, si inseguono, si affollano mischiando le campagne pubblicitarie che hanno fatto scalpore con le copertine dei giornali, i ritratti di personaggi famosi con i volti dei tanti perfetti sconosciuti immortalati per il progetto “Razza umana”.

È un viaggio nella storia del costume e nell’attualità degli ultimi decenni, un corso accelerato sui mutamenti sociali e politici che hanno interessato la contemporaneità. «Sono un testimone del mio tempo, non un feticista della fotografia: i tecnicismi e i formalismi non mi interessano – puntualizza Toscani –. Sono figlio di un reporter (il padre, Fedele, ha lavorato per il “Corriere della Sera” e ha fondato l’agenzia Publifoto, ndr) e sono cresciuto in mezzo all’informazione. Per me non esistono distinzione di argomenti, la fotografia è una, è il mio modo di raccontare le situazioni che mi interessano». E aggiunge, sorridendo: «Complici i social, la fotografia è diventata arte di tutti, è come la scrittura: permette alla società moderna di esprimersi. È per questo che oggi il più grande fotografo di tutti è Chiara Ferragni: nessuno come lei ci fa capire che cosa ci condiziona, chi siamo, che cosa siamo diventati».