Il dizionario anti-spreco: le parole che insegnano le buone pratiche | Cook

2022-05-28 22:45:38 By : Ms. Raina Li

Paese che vai, cultura dell’anti-spreco che trovi. In Italia siamo maestri nel preparare piatti del recupero , per non buttare cibo. La frittata di pasta, le polpette – soprattutto i mondeghili milanesi -, ma anche la ribollita toscana, la crosta del parmigiano o del grana nel minestrone o un pesto preparato con torsolo e foglie di broccoli sono solo alcuni degli esempi di ricette degli avanzi che fanno parte della nostra tradizione. Ogni nazione ha declinato il tema della sostenibilità alimentare secondo il proprio sentire e le proprie abitudini. Il linguaggio si è adattato di conseguenza e proprio per questo ci sono delle parole intraducibili, ma che raccontano di piccole azioni che potremmo mettere in pratica facilmente anche noi nel nostro quotidiano. I linguisti di Babbel, piattaforma online che aiuta a imparare le lingue straniere, hanno così messo insieme un vero e proprio dizionario della sostenibilità, per generare consapevolezza e incentivare l’abbattimento di questo problema.

I giapponesi indicano con questo termine – che significa “miscuglio organico” - un metodo di fermentazione e di compostaggio dei propri rifiuti che consente di nutrire poi il suolo. Chi ha un giardino o un grande terrazzo potrebbe provare, ci sono molte tecniche di compostaggio casalingo: non dovrete più buttare l’umido né comprare fertilizzante.

Come lo que compras y compra lo que necesitas

In Spagna si invita al consumo consapevole e all’equilibrio con questo mantra, che invita a mangiare ciò che si compra e comprare solo ciò che effettivamente serve . Uno dei capisaldi del meal planning, altro termine fondamentale del glossario anti-spreco.

Che belli quei supermercati con piramidi di mele tutte della stessa tonalità di rosso e verde, perfettamente tonde e della stessa dimensione. La natura, però, non lavora per standard, tutt’altro. Per ogni due mele identiche, ce ne sono tante altre con forme, colori e dimensioni fuori dai canoni. Questi prodotti – bruttini, ma che dal punto di vista organolettico non si distinguono in nessun modo da quelli “perfetti” – spesso vengono scartati dall’industria alimentare. In Germania si usa un termine specifico, containern appunto, per indicare il salvataggio di tutto quel cibo che non viene messo in vendita, perché fuori dalle norme .

Chiudere il cerchio, questa locuzione si traduce così in italiano. Indica il momento in cui un consumatore acquista un prodotto riciclato . Il processo del riciclo dovrebbe essere circolare e ci si auspica non si chiuda mai.

In Italia se ne sente parlare già da qualche tempo, ma questa abitudine non ha ancora del tutto preso piede alle nostre latitudini. La doggy bag indica gli avanzi del proprio piatto al ristorante , opportunamente incartati e preparati per essere portati a casa . Alzi la mano chi per gola non ha mai ordinato troppo e lasciato metà (e più) della propria porzione sul tavolo. Perché buttare del cibo già pronto, solo da scaldare e che a fatica zero ci risolve il pasto successivo?

Food Loss e Food Waste

Apparentemente potrebbero sembrare simili, ma non è così. La locuzione food loss – identificata dalla FAO stessa, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura - indica lo spreco alimentare a monte , quello che avviene nelle prime fasi della filiera produttiva e distribuzione. Il food waste , invece, è quello che coinvolge di più consumatori. Indica la perdita di alimenti durante la seconda fase di distribuzione e dopo la vendita (ristorazione e consumo domestico, ad esempio). .

Food Loss and Waste Protocol

Con questa espressione ci si riferisce allo standard internazionale che calcola la quantità di spreco alimentare a livello globale. È un protocollo – indicato per semplicità con l’acronimo FLW – che può essere applicato in maniera volontaria. Dà dei parametri per quantificare e comunicare il peso del cibo che viene eliminato e non usato per il prodotto finito. Di conseguenza si può monitorare la lavorazione, capire come viene impiegato lo scarto ed eventualmente pensare a delle soluzioni : ci sono aziende che usano le bucce di mele e agrumi per fare tessuti o altre che li usano come concime ad esempio.

In Giappone con itadakimasu si fa riferimento a un rituale di gratitudine per il cibo che si sta per mangiare, che poi induce a una riflessione su quanto questo sia prezioso e che non possa andare sprecato . Un po’ come chi si fa il segno della croce prima del pasto o nella cultura americana dice una piccola preghiera – anche laica - di ringraziamento prima della cena in famiglia.

La Norvegia ha molto a cuore lo spreco alimentare , tanto che ha l’obiettivo di dimezzarlo entro il 2030. Per questo motivo dedicano un’intera settimana – chiamata appunto kutt-matsvinn uke – al tema, in cui sono coinvolti industria alimentare, ristorazioni e singoli. Si può fare qualcosa ad ogni livello.

O anche, banalmente, organizzazione in cucina. Con questo termine, molto in voga anche sui social, non si intende nient’altro che la programmazione dei pasti , un menù settimanale (o mensile, per i più audaci) che prevede a grandi linee già cosa si mangerà quando. Le conseguenze? Una spesa razionale e oculata, che previene l’acquisto compulsivo di cibo che magari non si userà , di cui ci si potrebbe dimenticare e che, quindi, potrebbe andare a male.

Un termine che è anche una speranza e una dichiarazione di intenti. Quando si parla di minimization ci si riferisce a tutte quelle azioni piccole o grandi, portate avanti dalle aziende o dai consumatori, che si mettono in campo per limitare la produzione di rifiuti . Rientrano tra queste il riciclo, ma anche tutte quelle attività di (ri)progettazione di prodotti, modelli di produzione o iter di consumo.

Meglio non essere chiamati così in Giappone. È un termine dispregiativo che indica chi spreca senza motivo . Sintomo, forse, di una forte sensibilità al tema nel paese del Sol Levante.

In meridione, dopo le cene casalinghe con amici e parenti, si lascia la “bomboniera”: qualche porzione del cibo avanzato da portare a casa . In Danimarca ci si riferisce a questa particolare forma di doggy bag con il termine natmad . Nello specifico, nel paese scandinavo, gli avanzi saranno usati per uno spuntino notturno.

La giusta misura per ogni individuo : è questo a grandi linee il significato di questa parola intraducibile svedese . Ci fa riflettere sul fatto che ognuno deve trovare il suo equilibrio e non ci sia una porzione adatta a tutti.

Vuoto a rendere : una pratica poco diffusa in Italia, ma invece la norma in Germania . Le bottiglie di plastica e di vetro costano qualche centesimo in più, ma la differenza viene rimborsata nel momento in cui si rendono le bottiglie in negozio, dove verranno poi correttamente riciclate o riusate.

Si riferisce allo spreco che avviene in produzione , sul quale il consumatore non può intervenire. Il singolo, invece, ha la possibilità di agire dopo la vendita e limitare quello che viene definito post-consumer waste .

In questo noi italiani siamo dei maestri. Il resfest in Svezia è un pasto a base di avanzi, riproposti in maniera creativa : il riso al salto della tradizione milanese quando avanza del risotto, delle polpette di verdure con il contorno del giorno prima o un sughetto di pomodoro veloce, arricchito con un filetto di merluzzo al vapore rimasto tristemente solo in frigo. In Germania , invece, si parla di Resteverwertung .

Se, luk, smak (ma anche Best før, ofte god etter e Bäst före, ofta bra efter)

Sulle date di scadenza dei prodotti alimentari ci sono due fazioni: chi butta il pacco di pasta (o qualsiasi altro cibo) allo scoccare della mezzanotte del giorno indicato sulla confezione e chi non guarda neanche che data ci sia. In Norvegia si propone un approccio oculato riassunto con se, luk, smak ovvero “guarda, annusa, assaggia” , un invito a analizzare in maniera critica il prodotto e valutare volta per volta se ancora commestibile. In Svezia e Norvegia questa filosofia si ritrova anche nelle diciture che indicano la data di scadenza, rispettivamente Best før, ofte god etter e Bäst före, ofta bra efter : “da consumarsi preferibilmente entro, ma potrebbe essere ancora buono anche dopo” .

In Italia bisogna distinguere tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro“ , che indica il termine minimo di conservazione (leggi l’articolo su come leggere le etichette) . Ci dice che il prodotto è ancora buono se correttamente conservato, potrebbe magari aver solo cambiato un po’ la consistenza o perso alcuni profumi, ma non dovrebbe rappresentare un rischio per la salute (a meno che non si notino odori forti, colori particolari o segni evidenti che il cibo è andato a male).

Ridurre, riusare, riciclare : tre erre che sono il mantra di chi ha fatto della sostenibilità uno stile di vita. Non serve andare lontano, anche in cucina è facile metterle in pratica. Si possono ridurre gli sprechi con una spesa più consapevole, gli avanzi si possono riusare (le nonne insegnano a fare il pangrattato con il pane secco) e i vasetti dello yogurt si possono riusare per le tempere dei bambi.

Preparare una maschera per il viso con i fondi del caffè, usare le bucce delle verdure per preparare il brodo, essiccare le scorze degli agrumi per usarle in profumatori per ambiente: tutti questi sono esempi di Weiterverwertung von Lebensmittelresten , che in tedesco significa riutilizzo di avanzi alimentari.

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