Salute: trovate per la prima volta microplastiche nel sangue umano » Scienze Notizie

2022-04-20 09:18:03 By : Ms. Louise Liu

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Un team di scienziati olandesi ha prelevato campioni di sangue da 22 donatori adulti sani anonimi e dopo averli analizzati ha scoperto che 17 dei 22 volontari (circa il 77,2%) avevano microplastiche nel sangue – una scoperta descritta come “estremamente preoccupante”. Le microplastiche sono state trovate nel cervello, nell’intestino, nella placenta dei bambini non ancora nati e nelle feci di adulti e neonati, ma mai prima d’ora da campioni di sangue. “Il nostro studio è la prima indicazione che abbiamo particelle polimeriche nel nostro sangue, è un risultato rivoluzionario” spiega il professor Dick Vethaak della Vrije Universiteit Amsterdam nei Paesi Bassi. Lo studio mostra che sono stati identificati cinque tipi di plastica: polimetilmetacrilato (PMMA), polipropilene (PP), polistirene (PS), polietilene (PE) e polietilene tereftalato (PET). I ricercatori hanno scoperto che il 50% dei campioni di sangue conteneva polietilene tereftalato (PET), il tipo di plastica più diffuso nei campioni. Il PET è una plastica chiara, resistente e leggera ampiamente utilizzata per il confezionamento di alimenti e bevande, in particolare bevande analcoliche, succhi e acqua.

Nel frattempo, poco più di un terzo (36%) conteneva polistirolo, utilizzato nell’imballaggio e nello stoccaggio, mentre quasi un quarto (23%) conteneva polietilene, da cui sono fatti sacchetti di plastica. Solo una persona (5%) aveva polimetilmetacrilato e nessun campione di sangue aveva polipropilene. In modo allarmante, i ricercatori hanno trovato fino a tre diversi tipi di plastica in un singolo campione di sangue. Gli effetti sulla salute dell’ingestione di microplastiche non sono attualmente chiari, anche se uno studio ha affermato che la presenza di queste particelle può causare morte cellulare e reazioni allergiche negli esseri umani, infiammazione intestinale, disturbi del microbioma intestinale e malattie intestinali. Tuttavia, sono necessarie ulteriori ricerche sul loro potenziale danno, ha sottolineato il professor Vethaak.

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